Everything changes… anche le radio!

Le cose cambiano.
Nelle vite delle persone, ma non solo. Cambiano anche nelle esistenze delle radio.
RadioAttiva è nata nel 2008 e, fino al 2015, non ha mai smesso di trasmettere. Con maggiore o minore frequenza, a volte con un po’ di inaffidabilità, ma è sempre riuscita a fare quello per cui era nata: trasmettere musica, raccontare storie, far scoprire casi, situazioni, momenti cui forse nessun altro avrebbe dato spazio. E’ nata a Rivoli e a Rivoli è vissuta, non per campanilismo ma nella convinzione che da lì si potesse arrivare ovunque. E ci è riuscita, fino ad andare a spasso per l’Europa con l’impegnativo progetto JobOnAir.
Ha cambiato casa, dall’Informagiovani a Maison Musique. Ha cambiato tecnici e speaker, perché si trasferivano altrove, per gli impegni di lavoro e di studio, e anche per un motivo che nessuno di noi avrebbe voluto.
RadioAttiva è tutto questo e continuerà a esserlo, nei podcast che ancora sono online, nei ricordi di chi è passato ai nostri microfoni, nel gruppo di lavoro che ne è nato, e che è soprattutto un gruppo di amici.
Solo che quel gruppo di lavoro è diventato troppo piccolo, e non riesce più a portare avanti l’impegno di una radio. Perché a noi piace fare le cose bene, e quando si resta in pochi e c’è tanto da fare non sempre è possibile.
Per fortuna, in questi anni, abbiamo conosciuto altri amici. Ve ne abbiamo parlato spesso con le iniziative di TorWeb. Con alcuni, in particolare, ci siamo scambiati dubbi e difficoltà, raccontando che no, non riuscivamo più a “fare la radio”. La cosa bella degli amici, lo sapete anche voi, è che sono pronti ad aiutare. Nel nostro caso, gli amici si chiamano RadioOhm, hanno uno studio a Chieri, fanno un sacco di cose che potrete scoprire sul loro sito, e ci hanno detto: “Anziché chiudere e basta, perché non venite a trasmettere da noi?”
Gli elettroni radioattivi si sono parlati. A lungo. Il logo fucsia ci piaceva tanto. Ci piaceva andare Off Topic, incontrarci al bar per Shangri-La e un sacco di altre cose. Ma quella davvero fondamentale era una sola, ed è che ci piace fare la radio, trasmettere musica, raccontare storie, far scoprire casi. Così abbiamo accolto la proposta di RadioOhm con un fragoroso: “Sì, grazie!”
RadioAttiva trasloca. O meglio, la redazione di RadioAttiva trasloca sulle frequenze virtuali di RadioOhm. In parte trasloca anche fisicamente, ma questa è un’altra storia e non è ancora del tutto scritta. Quello che conta è che potrete continuare ad ascoltarci e a seguirci. Puntuali, ogni mercoledì a partire dalle 21. Ci chiameremo Plaid In Italy e viaggeremo per l’Italia raccontando come suona ogni regione.
Cambia nome, ma non indirizzo, anche la nostra pagina Facebook, perché ci spiaceva perdere gli amichetti che in questi anni sono stati con noi. Diventa, ovviamente, “Plaid In Italy – La coperta musicale di RadioOhm”. Se scendete in cerca dei post più vecchi li trovate tutti.
Clara, Denis, Elisa e Irene (in rigoroso ordine alfabetico) vi aspettano in diretta a partire dal 7 ottobre. Da domenica 4, però, parte la nuova stagione di programmazione di RadioOhm. E sabato 10 ci sarà una grande festa al CPG di strada delle Cacce, a Torino.

Stay tuned… mai più appropriato di così!

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#artistiemergenti: La compagnia OBLIO

di Irene Fascio per Redazione Post Spritzum

foto di Compagnia OBLIO

foto di Compagnia OBLIO

Un gruppo di giovani con tanta voglia di comunicare il loro talento. Protagonisti tra gli ospiti del Riv-party360° nel momento di maggior afflusso di pubblico, come dimenticarli? Con il loro banchetto affollato  dove era possibile scattare foto con costumi divertentissimi tra tele di quadri improvvisate dal nulla e buffi costumi, dal costume a banana alla coppia dei giapponesi al giullare,con ragazzi molto professionali  pronti a scattare con il sorriso con varie tipi di macchine fotografiche dalla reflex alla polaroid, un piccolo ricordo. Questo è lo spirito giusto per sostenere un progetto.

Ma facciamo un salto indietro chi sono questi simpatici ragazzi?

foto di Compagnia OBLIO

foto di Compagnia OBLIO

La  compagnia nasce da un gruppo di otto amici con la stessa passione per il musical. Un gruppo di amici con tanta voglia di fare che però aveva bisogno di altri talenti per dar vita al loro sogno.  Il nome OBLIO deriva dal semplice fatto che questo progetto inizialmente era  come un salto nel buio un po’ come tutti i progetti o i sogni della vita che  iniziano da zero con idee e buoni propositi sempre presenti ma la realizzazione non  sempre è  possibile,  che poi  tutti i progetti  in fase di nascita sono un salto nel buio con mille dubbi e nessuna certezza, solo il nome della Compagnia era certo. Così incominciano le selezioni per ampliare il numero dei partecipanti a questo sogno  che hanno dato a vita a questo splendido  gruppo. Dopo  aver messo insieme tutti i talenti incomincia il duro lavoro. Fino a creare dall’idea del “direttore”  artistico Davide Peretti  un copione inedito scritto dal direttore  con una trama piena di valori come l’amicizia, le sfide personali e artistiche e ovviamente tanto amore, che è ciò che fa girare il mondo dopotutto.

foto di Compagnia OBLIO

foto di Compagnia OBLIO

I punti di forza di questo splendido gruppo  si trovano in ognuno di loro, dal gruppo di ballo alle formidabili doti canore dei cantanti, ma la vera forza sta nel gruppo infatti  tutti insieme affrontano le loro paure sostenendosi a vicenda e piano piano stanno tutti crescendo.

foto di Compagnia OBLIO

foto di Compagnia OBLIO

Ora sono in corso dure prove sotto la dura ed esigente “direzione” di Davide che cerca di tirar fuori il massimo da ognuno di loro, per dare il meglio fino a raggiungere la perfezione;  per il raggiungimento del loro obiettivo ci sarà ancora molto da lavorare fino a  quando saranno pronti per andare in scena quest’autunno a Novembre.  Le difficoltà sono tante ma con un po’ di pazienza voglia di fare e il sostegno del pubblico sono sicuri di poter veder realizzato il loro sogno.

Seguiteli anche sui social:

Instagram: @compagniaoblio

https://www.facebook.com/compagniaoblio

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World League: weekend di Final Four di secondo livello e preparazione delle Final Six di Rio de Janeiro

#sport

di Silvia Viola per la redazione di Post Spritzum

Sono finalmente completi i gironi dell’imminente Final Six che la prossima settimana chiuderà la XXVI edizione della World League, decretando il vincitore. Sarà un lungo percorso che si aprirà mercoledì 15 luglio e si concluderà con la finalissima di domenica 19 luglio. L’Italia affronterà prima la Serbia e poi la Polonia, nella pool A. La pool B, invece, è composta dai campioni in carica USA, dai padroni di casa del Brasile e dalla vincitrice della Final Four di Varna (Bulgaria), la Francia.

Nell’attesa che i giochi prendano il via, ecco una descrizione che aiuta a conoscere meglio chi saranno i 14 (ora 13) prescelti di Mauro Berruto per la corsa all’oro (modificato di conseguenza all’esclusione di Dragan Travica, Ivan Zaytsev, Giulio Sabbi e Luigi Randazzo dal ritiro azzurro per motivi disciplinari).

Simone Giannelli, palleggiatore, classe 1996. Lo chiamano baby fenomeno perché a 19 anni ancora da compiere ha portato Trento alla vittoria del suo quarto scudetto giocando da titolare in modo esemplare. Dotato di un enorme talento, freddezza e lucidità da veterano, sarà certamente il regista titolare dopo l’esclusione di Travica dal gruppo azzurro. Delicatissimo il suo ruolo, poichè tutti i palloni passano per le sue mani e portano il suo marchio. Sarà decisivo nel rendimento di queste Final Six.

Lo scorso anno è stato promosso dalle giovanili alla prima squadra di Trento, quest’anno sarà suo il posto da titolare nella squadra campione d’Italia.

Davide Saitta, palleggiatore, saittaclasse 1987. Chiamato all’ultimo minuto in Brasile per riempire il vuoto di ruolo lasciato da Dragan Travica. È stato l’uomo decisivo che ha permesso all’Italia di portarsi al tie break a Belgrado contro la Serbia. Saranno essenziali il suo contributo e la sua esperienza per queste finali che si prospettano tutte in salita.

Esperienza francese a Toulouse per lui in questa stagione, anche il prossimo anno anno rimarrà in Francia, ma al Paris Volley.

Luca Vettori, opposto, classe 1991. Luci e ombre per il Vetto vettonazionale in questa World League. È stato capace di essere l’uomo decisivo in tante partite, ma ultimamente le sue prestazioni sono state piuttosto deludenti. Per la buona resa della nazionale, deve ritrovare la sua migliore forma.

L’anno scorso si è accasato a Modena e proseguirà con i canarini gialloblu anche la prossima stagione.

nelliGabriele Nelli, opposto, classe 1993. Arriva anche lui, come Saitta, per sistemare una situazione d’emergenza. Ragazzo molto giovane e dotato di un buon fisico, ma con poca esperienza internazionale (solamente a Baku, durante i giochi europei), sarà sicuramente chiamato in causa da Berruto quando servirà un braccio pesante e l’incoscienza tipica della sua età.

È un prodotto del vivaio trentino e dopo essere stato promosso in prima squadra lo scorso anno, farà ancora parte della squadra campione d’Italia Trento.

Filippo Lanza, schiacciatore, classe 1991. La stagione appena conclusa ha incoronato Pippo come una delle migliori bande nel campionato italiano. E lui ha fatto vedere di meritarsi in pieno questo titolo anche in nazionale. Nell’ultima partita contro il Brasile ha subito un piccolo infortunio alla caviglia, ma dovrebbe riprendersi totalmente in vista delle finali.

Nato e cresciuto pallavolisticamente a Trento, sarà ancora per due anni al cospetto delle Dolomiti.

 

antonovOleg Antonov, schiacciatore, classe 1988. È uno dei tanti figli d’arte che compongono la nazionale azzurra. È un cambio affidabile per coach Berruto e lui si fa sempre trovare pronto quando è chiamato in campo. Ricordando che è suo il punto della vittoria contro il Brasile di sabato scorso.

Quest’anno ha disputato il campionato francese, la prossima stagione sarà in forza a Trento.

Jacopo Massari, schiacciatore, classe 1988. Anche lui massariè un valido cambio ai titolari, usato soprattutto per dare maggiore stabilità alla ricezione e, in generale, in seconda linea.

Conclusa una stagione non proprio stellare a Piacenza, si trasferirà in Francia al Paris Volley.

bottoIacopo Botto, schiacciatore, classe 1987. Uno dei tanti volti nuovi di questa nazionale. Ha esordito con una prestazione non proprio eccellente contro l’Australia, ma si è riscattato nel migliore dei modi nella partita successiva. Sarà a disposizione di Berruto da martedì, così come Nelli e Saitta, a seguito della chiamata dell’ultimo minuto dello staff azzurro. Sarà interessante il suo contributo all’interno degli equilibri della squadra.

Così come lo scorso anno, anche per questa stagione giocherà nelle file del Vero Volley Monza.

Emanuele Birarelli, centrale, classe 1981. biraDopo l’esclusione di Dragan Travica dalla compagine azzurra, ritorna sua la responsabilità di essere capitano. È l’uomo con più esperienza a cui la squadra intera si affida. Granitico a muro, molto efficiente in attacco, è in giocatore essenziale negli ingranaggi italiani. Il suo infortunio alla schiena, che l’ha tenuto in panchina contro il Brasile, dovrebbe essere superato.

Lascia la fascia da capitano a Trento e il prossimo anno sarà a Perugia.

Simone Anzani, centrale, classe 1992. Una delle più belle sorprese del campionato italiano e della stagione con la nazionale. Titolare inamovibile per questa prima parte dell’estate azzurra, è stato capace di prestazioni maiuscole che si sono rivelate decisive per le vittorie dell’Italia. Sarà sicuramente uno dei protagonisti delle finali brasiliane.

Di forza a Verona, continuerà ad esserlo anche il prossimo anno.

Stefano Mengozzi, centrale, classe 1985. A Ravenna è stato una mengozzidelle pedine fondamentali e anche in nazionale non ha sfigurato: suo, per esempio, il merito della vittoria del secondo set utile per riaprire la partita a Belgrado contro la Serbia. Sarà una valida alternativa ai centrali.

Proviene da Ravenna, club nel quale militerà anche nella prossima stagione.

colaciMassimo Colaci, libero, classe 1985. È forse lui l’uomo più costante di questa Italia: tutte le partite giocate hanno registrato un suo altissimo rendimento. Il ruolo del libero è complesso e mai sotto i riflettori: agisce in seconda linea e sempre in sordina, ma se non ci fosse sarebbero guai. Lui e le sue acrobazie e i suoi miracoli saranno sicuramente importanti nell’esito di queste finali.

È uno dei campioni d’Italia e continuerà ad essere nelle file di Trento anche il prossimo anno.

Andrea Giovi, libero, classe 1983. Grande spirito di squadra gioviper lui, che incita e consiglia i compagni come se fosse in campo. La sua presenza è importante a livello di carisma ed è utilizzato per dare respiro in seconda linea agli schiacciatori.

È stato il libero titolare di Perugia nella scorsa stagione e lo sarà anche la prossima.

Stay tuned e #ForzAzzurri!

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#booksnotbullets, i libri che fanno la differenza

#letteratura  #librovagando

Di Elisa Boscaino per redazione Post Spritzum

12 luglio 2015, compleanno di Malala Yousafzai.

Malala, premio nobel per la pace e simbolo del diritto di educazione per le giovani pakistane, festeggia oggi 12 luglio i suoi 18 anni.
Impegnata da anni nella lotta per l’accesso all’educazione scolastica per tutti, ha lanciato in vista del suo compleanno una campagna di sensibilizzazione per sostenere la sua causa.
Per festeggiare il passaggio all’età adulta Malala non ha richiesto i soliti festeggiamenti, ma desidera azione: se i soldi fossero spesi in libri e non per l’acquisto di armi, la vita di molti bambini potrebbe cambiare.
Questa è l’affermazione della giovane attivista, che sfida i leader mondiali a sostenere la scolarizzazione come spesa primaria di ogni stato, riducendo il budget delle spese militari.

#booksnotbullets, libri non proiettili.

malalaLa campagna è stata lanciata dalla stessa Malala sul suo profilo Twitter (@Malalafund), pubblicando una foto di se stessa con in mano “Il diario di Anna Frank” ed invitando tutti a fare un selfie con il proprio libro preferito lanciando l’hashtag #booksnotbullets, come appello ai leader per sostenere l’istruzione.

La scelta della giovane attivista è ricaduta su “Il diario di Anna Frank” perché il libro rivela il coraggio e la forza di una giovane donna che ha vissuto sotto la guerra.

Il libro proposto in questo articolo è “Mille splendidi soli”, di Khaled Hosseini.

IMG_20150712_112946Il coraggio e le difficoltà di due giovani donne afghane, che devono combattere quotidianamente per vivere in un paese devastato dalla guerra e dall’avvento dei talebani, le cui leggi impediscono alla donne di proseguire serenamente la propria esistenza.

“A ricordo di come soffrono le donne come noi” aveva detto.”
Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso”.

#booksnotbullets
Sito ufficiale Malala
Pagina Twitter ufficiale Malala

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(La Spina Centrale, secondo appuntamento) Spina 2: tra università, grattacielo e la nuova stazione ferroviaria

#architettura

di Elena Massa per redazione Post Spritzum

Come promesso, le informazioni riguardo alla Spina centrale di cui abbiamo introdotto l’argomento nell’articolo precedente continuano con il secondo comparto urbanistico, ovvero Spina 2.

Area di Spina 2 (fonte Google maps)

Area di Spina 2
(fonte Google maps)

General Motors (fonte Museo Torino)

General Motors (fonte Museo Torino)

L’area di cui stiamo parlando si estende da corso Peschiera a piazza Statuto. Il filo conduttore di tutte le trasformazioni che riguardano la Spina è il grande boulevard centrale e ai suoi lati avvengono i grandi cambiamenti urbanistici. Partendo da sud, quindi da corso Peschiera, il tratto di boulevard noto come corso Castelfidardo, è caratterizzato da un edificio a ponte (cioè che attraversa il tratto viario, in questo caso in due punti distinti) progettato dallo studio Gregotti Associati. Questo edificio coinvolge l’azienda Genaral Motors Powertrain Torino (GM) e il Politecnico di Torino, infatti, la metà ovest del fabbricato è di proprietà del primo e la parte est del secondo. Il Politecnico ha ampliato il suo territorio oltre l’edificio verso nord e verso ovest, creando un campus universitario che ospita sale mensa, aule, laboratori sia per la Facoltà di Ingegneria che per quella di Architettura.

Questo ampliamento ha interessato anche parte degli edifici ottocenteschi delle Officine Grandi Riparazioni (OGR) costruiti in funzione delle Ferrovie dello Stato per la manutenzione dei vagoni dei treni. Essi sono stati restaurati in occasione della manifestazione dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia avvenuta nel 2011 e a oggi sono utilizzate come grande centro culturale in grado di ospitare moltissime mostre temporanee e alcuni spazi sono stati concessi al Politecnico per l’inserimento di alcune aule.

Residenza Universitaria Borsellino (fonte www.zeroundicipiu.it)

Residenza Universitaria Borsellino (fonte http://www.zeroundicipiu.it)

A ovest delle OGR, lungo via Borsellino, sono stati costruiti nuovi edifici residenziali utilizzati inizialmente come uno dei villaggi che ha ospitato i giornalisti durante il periodo delle Olimpiadi del 2006 e ora funzionali al Politecnico come residenze universitarie. Affianco a questi edifici, attualmente è presente un grande fabbricato in stato di abbandono che sarà destinato ad essere un centro culturale polivalente, contenente una nuova biblioteca civica, due sale teatrali, un parco e una torre di belvedere.

 

 

A nord delle OGR sono presenti le Carceri Le Nuove costruite dal 1857 al 1869 e rimaste attive fino alla fine degli anni 80 del ‘900. Anche questo complesso fa parte delle trasformazioni di Spina 2, infatti, dopo il restauro negli ultimi anni, è ora un museo ed è possibile visitarlo con una guida anche in notturna con il solo uso delle torce elettriche, aumentando così la curiosità e la tensione del visitatore.

OGR, carceri Le Nuove e futuro centro culturale (fonte www.ilgiornaledellarchitettura.com)

OGR, carceri Le Nuove e futuro centro culturale (fonte http://www.ilgiornaledellarchitettura.com)

Le ultime e forse più importanti trasformazioni che riguardano l’area di Spina 2 sono la costruzione del Grattacielo San Paolo e la riqualificazione del parco ad esso annesso (di cui abbiamo parlato in questo articolo) e la stazione ferroviaria di Porta Susa. Il grattacielo, come già detto, è il primo a essere stato costruito a Torino e ricco di tecnologia, funzionalità ed ecocompatibilità (in linea con i principi di sostenibilità ambientale).

Stazione di Porta Susa, vista aerea (foto di Elena Massa)

Stazione di Porta Susa, vista aerea (foto di Elena Massa)

La trasformazione di Porta Susa è il cuore di tutto il progetto speciale Spina Centrale. Il vecchio ingresso alla stazione era in piazza XVIII Dicembre, ora tutte le funzioni che esso conteneva sono state spostate nella nuova sede affianco. Essa si presente come un tunnel vetrato lungo 385 metri, che parte da corso Vittorio Emanuele II a sud, fino a piazza XVIII Dicembre a nord, posto esattamente al centro del grande boulevard. In questo punto l’assetto viario si sdoppia in corso Inghilterra a ovest e corso Bolzano a est, per poi ricongiungersi più a nord in Spina 3. La nuova stazione, finita nel 2012 e progettata dagli architetti della società franco-italiana AREP, è caratterizzata al suo interno da 3 livelli principali: il primo piano ospita servizi quali biglietterie, esercizi commerciali e le passerelle aeree che portano ai binari, al primo piano interrato c’è la banchina al binario 1 e l’ingresso alla metropolitana, al secondo piano interrato ci sono le banchine della metropolitana. La struttura della stazione è in acciaio e vetro e si presenta come un enorme serra. I vetri sono caratterizzati da pannelli fotovoltaici vetro-vetro per avere energia pulita, e ove questi pannelli perdono la loro efficienza, sono stati sostituiti da delle riproduzioni per non perdere il disegno che caratterizza la copertura. Essendo una serra, l’intera stazione è dotata di ugelli che attraverso sensori di calore, quando la temperatura interna è troppo alta, spruzzano acqua vaporizzata per ristabilire il comfort al suo interno.

Stazione di Porta Susa, interno (foto di Elena Massa)

Stazione di Porta Susa, interno (foto di Elena Massa)

Termina così anche il secondo appuntamento dedicato alla Spina Centrale!

Stay tuned!

Progetto della stazione ferroviaria Porta Susa

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#arte:inaugurate nuove esposizioni al Museo d’Arte Contemporanea al Castello di Rivoli

URIEL ORLOW. MADE / UNMADE

a cura di Marcella Beccaria

26.06.2015 – 11.10.2015

di Irene Fascio per redazione Post Spritzum

foto di bdtorino

foto di bdtorino

Il Castello di Rivoli presenta Uriel Orlow: Made / Unmade, la prima mostra dell’artista in un museo italiano. Nei suoi lavori, Orlow si confronta con il modo in cui il passato emerge e sopravvive nel presente, spesso ripetendosi e mettendo in dubbio la cronologia lineare. “Evitando una rappresentazione narrativa diretta, le opere di Orlow spingono i visitatori a colmarne delle lacune e a impegnarsi in un dialogo con la realtà attuale e con il ruolo che la nostra consapevolezza storica può avere nella costruzione, nel nostro stesso presente, di un futuro differente”, scrive la curatrice Marcella Beccaria.

Uriel Orlow è nato in Svizzera e risiede a Londra ed è un’artista  internazionale.

fonte sito ufficiale dell' artista

fonte sito ufficiale dell’ artista

Uriel Orlow: Made / Unmade include nuove e recenti opere chiave, come Unmade Film (2012-2013). Concepito come una serie di installazioni audio-visive, opere su carta e fotografie, Unmade Film prende la forma di un film impossibile, frammentato nelle sue parti costitutive: storyboard, fotografie, fotogrammi, colonna sonora, musica, titoli di coda, etc. Unmade Film prende come punto di partenza la complessa vicenda del villaggio palestinese di Deir Yassin, emblematico e completamente invisibile al tempo stesso. In precedenza situato alla periferia di Gerusalemme, i suoi abitanti furono massacrati nel 1948 da forze paramilitari sioniste. In seguito, sui resti delle case palestinesi, venne fondato l’ospedale psichiatrico di Kfar Sha’ul dedicato alla cura dei sopravvissuti all’Olocausto. Oscillando tra il visibile e l’invisibile, Unmade Film è un tentativo di riconoscere la dolorosa compenetrazione spazio-temporale di traumi che non possono essere messi a confronto ma che, tragicamente, convergono in uno stesso luogo.

Nella cornice di tredici sale storiche del Castello di Rivoli, la mostra crea un dialogo con altre importanti opere dell’artista, che spaziano da 1942 (Poznan) (1996-2002) fino alla serie attuale di lavori al neon La storia è il futuro / Il Futuro è storia (2013-2015) per finire con il più recente progetto Grey, Green, Gold (2015). Questa prima installazione della sua ricerca in progress intreccia il racconto del giardino, istituito da Nelson Mandela e dai suoi compagni nella prigione di Robben Island durante i loro diciotto anni di detenzione, con la storia della scoperta e della successiva coltivazione selettiva di una rara versione gialla della Strelitzia reginae (fiore conosciuto anche con il nome di Uccello del paradiso) di Kirstenbosch, i giardini botanici nazionali a sud di Città del Capo. Ci sono voluti quasi venti anni per costituire uno stock di questo seme pregiato – periodo pressoché coincidente con la prigionia di Mandela. Nel 1994, a questa varietà di fiore è stato dato, in suo onore, il nome di Mandela.

fonte sito ufficiale museo d'arte contemporanea

fonte sito ufficiale museo d’arte contemporanea

Costruita mettendo in opera un’ampia varietà di registri visivi e modalità narrative, la mostra Uriel Orlow: Made / Unmade accoglie i visitatori attraverso un percorso costellato nel quale micro-narrative e intenzionali punti ciechi rimandano a più ampi contesti storici.

Di seguito i link di approfondimento:

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Tutti a ballare sulle note del Rock and Roll!

#danza
Articolo di Valeria Sorrenti per redazione Post Spritzum

Le origini del Rock & Roll

Il rock and roll è un genere che fa parte della musica popolare. Nato negli Stati Uniti tra gli anni quaranta e cinquanta , è stato originato dal blues, dal bluegrass, dal country, dall’R&B, dal jazz, dal gospel e dal folk. Anche se gli elementi del rock and roll riecheggiano nelle registrazioni country degli anni trenta e nei dischi blues dal 1920, il genere acquisì il suo nome non prima degli anni cinquanta. Una delle prime forme di rock and roll fu il rockabilly, che unì country e jazz, con influenze di musica tradizionale folk e gospel. Agli esordi, gli strumenti principali che caratterizzavano questa musica erano il pianoforte e il sassofono, solo in seguito vennero sostituiti in molte occasioni dalle chitarre elettriche. Il rockabilly era un termine che si riferiva alla musica rock and roll suonata negli anni cinquanta. La parola è nata grazie all’unione delle parole “rock and roll” e “hilly billy”, che sta per “montanaro”, proprio per rifarsi al mondo country (molto popolare tra i bianchi) a cui il rock and roll si ispira.

Dean Martin e Frank Sinatra

Dean Martin e Frank Sinatra

Il rock and roll nasce in contrasto con la musica ponderata e controllata di quel tempo e con le inflessioni swing di personaggi mitici come Dean Martin e Sinatra. Questa musica si diffonde come lo scoppio di una vera rivoluzione, per la sua carica provocatoria e violenta, alimentata dal suo travolgente andamento ritmico. Negli anni cinquanta e sessanta, per i contemporanei, il rock era anche un espressione di disprezzo e collera verso il potere esercitato dai padri.
Rock e rock and roll spesso sono utilizzati come sinonimi. Rock vuol dire ondeggiare, dondolare, oscillare, mentre roll rotolare, ruotare. La frase “rocking and rolling” era un’espressione secolare dei neri per indicare balli o sessi sin dal diciottesimo secolo. A questa usanza si rifà il musicista blues Roy Brown che nel 1947 usò la canzone “Good rocking tonight”: la parola rock era apparentemente riferita al ballo ma celava in realtà un’allusione al sesso. Mentre l’espressione rock and roll viene attribuita al dj bianco di Cleveland Alan Freed, che lavorava per una trasmissione radiofonica dal titolo “Moondog Rock ’n’ Roll party”.
Elvis Presley fu battezzato come re del rock’n’roll, e fu sicuramente il più importante alfiere di questo genere. Con il suo pezzo “Forever young and beautiful”, impersonificava nel rock il mito dell’eterna giovinezza.

La danza Rock and Roll

Il ballo Rock and Roll deriva dal Lindy Hop, a sua volta nato dallo Swing degli anni venti. Il Lindy Hop fu il primo ad inserire anche elementi acrobatici nel ballo di coppia. Venne poi modificato attorno agli anni quaranta, per la necessità di ballare su musiche più veloci e ritmate. Così, poco tempo dopo, fece la sua comparsa il Boogie-woogie. Il ritmo del Rock and Roll è essenzialmente boogie-woogie, con un accentuato backbeat, quest’ultimo quasi sempre fornito da un rullante. Questo ballo si distingue sopratutto per il suo ritmo travolgente. Il boogie si presenta come uno stile pianistico del jazz, una derivazione strumentale del blues testimoniata da accordi isolati, scale e arpeggi veloci. Questo ballo arriva in Europa in concomitanza della seconda guerra mondiale, grazie alle truppe americane e fu subito un successo, soprattutto in Francia e in Italia: la gente fu subito conquistata da questo ballo allegro, spensierato, caratterizzato da figure acrobatiche mai viste in precedenza. Quando, attorno al 1955, la musica rock and roll sbaragliò la concorrenza, il Boogie-woogie si trasformò definitivamente e per l’ultima volta in una danza più movimentata e competitiva, il Rock’n’Roll.

Questo ballo di coppia esprime il desiderio di premere sull’acceleratore con un ritmo sempre più frenetico. La particolare ‘calciata’ è ciò che caratterizza più di ogni altro movimento del Rock and Roll. I ‘calci’, però, devono essere dati in avanti in maniera secca e decisa, solitamente l’uomo verso l’esterno (partendo con la gamba sinistra) e la donna verso l’interno (partendo con la gamba destra). Il passo base (famigliarmente chiamato “base”) del Rock’n’Roll, infatti, è proprio il classico ‘kick ball change”: una sorta di “cambio” di gamba, appunto come dice il nome.
Questa danza lascia un forte effetto liberatorio che rispecchia molto l’impatto sociale del Rock e degli strumenti che ne hanno fatto la storia: chitarre e bassi elettrici, batterie.
Il ruolo del Rock & Roll nella storia del ballo, della musica e del costume è insostituibile, proprio come quello di New York negli States: fulcro delle metropoli, punto di riferimento per molte tendenze, nella musica come nella danza.

E chi non si ricorda del rockeggiante Grease? Un film, diventato anche un musical, che ha coinvolto e appassionato diverse generazioni, facendo scatenare grandi e piccini sulle note del Rock and Roll!

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Folle folle coraggiosa scienza: uomini da crash test

#Scienza
di Federico Mo per redazione Post Spritzum

Intro

Ogni giorno diamo per scontate moltissime cose. Alcune di queste sono però il risultato di faticose ricerche e grandi sacrifici. E prove di coraggio. E di follia.

Colonnello Stapp su slitta a razzo

I manichini da crash test, per esempio.
Oggi siamo abituati, quando si parla di crash test, a immaginarci umanoidi giallognoli con tatuaggi geometrici bianchi e neri in testa e su ben precise parti del corpo. Installati dentro e fuori a questi sostituti dell’uomo vi sono strumenti di rilevazione di vari parametri biofisici che servono per capire gli effetti in caso di vari tipi di incidenti.

Sempre per un simile scopo sono stati creati modelli di simulazione al PC.

Il punto è che entrambi questi approcci sono possibili e hanno un senso nel momento in cui si conosce la risposta quantitativa delle varie parti del corpo umano alle sollecitazioni e agli eventi che si possono verificare in un incidente (urti, pezzi di vetro, incendi e così via).

Serve quindi un’opera di taratura, in modo che il manichino abbia valori di consistenza e di mobilità che corrispondano effettivamente a quelli del corpo umano.
Ma come conoscere questi valori?
La risposta è che si deve sottoporre il sistema che si vuole studiare (il corpo umano) agli stress di interesse.
Un’alternativa è creare oggetti di studio artificiali simili per consistenza e forma e dimensione e studiare gli effetti degli stress su di essi. Ciò non è facile e neppure sempre possibile.

In principio c’era la morte – Inizialmente, in mancanza di un tale manichino tarato si è inizialmente fatto uso di cadaveri. I corpi venivano presi e sottoposti a urti, impatti, tagli.

Colpiscimi ancora! – Ma il corpo umano da vivo risponde diversamente che da morto. E fu così che scienziati coraggiosi e un po’ folli provarono su se stessi e su volontari certi tipi di eventi.
Si fecero schiantare sul petto con un pendolo di metallo, si fecero urtare sul viso da un martello pneumatico rotante ed infine schizzare con vetri frantumati per simulare l’implosione di un finestrino.
Prendevano nota degli effetti e ripetevano l’esperienza. Ovviamente non potevano spingersi oltre una certa soglia di dolore o di danno ( detto in termini più precisi, di stress fisico).

Vivaci sostituti – Allora fecero uso anche delle cavie animali (maiali, lepri belghe).

Ormai tutto ciò è seppellito nel passato, un passato che però non è nemmeno troppo lontano, se ci pensiamo bene. Si parla del periodo che va dagli anni ’50 agli ’80.

Tra i temerari che si sono cimentati in prima persona in questi studi, ricordiamo Lawrence Patrick, che fu professore della Wayne State University, del quale si può leggere una breve intervista riguardo ai sui trascorsi da manichino da crash test al seguente link:
http://www.salon.com/1999/11/19/crash_test/

Per chi è invece interessato alle tappe che hanno segnato l’evolversi di questi utili sostituti dell’uomo può trovare adatti questi link che ne riassumono la nascita e il miglioramento tecnologico:

VIDEO sulla storia di manichini: Crash Test Dummies – A Smashing History (BBC4)

LINK alla storia e tappe dei manichini crash test: History of Crash Test Dummies

http://www.humaneticsatd.com/about-us/dummy-history

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#artistiemergenti: nuovo appuntamento dedicato a band e musicisti emergenti.

di Irene Fascio per redazione Post Spritzum

A due settimane dalla conclusione della Festa della Musica non possiamo non essere nostalgici per quel clima di festa e unione che ha provato tutta la città di Rivoli tra le note di ogni stile musicale dal rock and roll alla taranta.  I ringraziamenti verso gli organizzatori non saranno mai abbastanza, soprattutto per Gigi Giancursi e Piera Melone persone fondamentali e umili che hanno saputo trasmettere la loro passione anche a giovani organizzatori meno esperti di loro, nell’organizzazione di un evento. È giusto però prendersi un momento per  ricordare anche quelle persone che hanno dato vita a questa festa e che sono i veri protagonisti: gli artisti. Da qui nasce l’idea di questa rubrica all’interno della frizzante redazione di Post Spritzum per dar voce ad artisti che non hanno ancora raggiunto la fama del grande pubblico.

foto di Marco Bechis

foto di Marco Bechis

Marco Bechis è uno di questi,22enne di Chieri, inizia a suonare la chitarra da autodidatta all’età di 14 anni,  dopo un breve periodo si accorge che l’amore per questo strumento cresce sempre più, fino a convincersi di prendere lezioni da un maestro. Nel corso degli anni si avvicina a diversi stili musicali dal metal, al blues al funky jazz approfondendo così anche lo studio della chitarra elettrica, crescendo però ritorna in lui l’interesse per la chitarra acustica e vagando sul web si avvicina al cantautorato o usando il gergo tecnico, al one man band. Nonostante non abbia mai preso lezioni di canto si mette in gioco, arrivando a fare cover di artisti famosi fino a creare degli inediti con musica e parole scritte da lui stesso. Per Marco la musica diventa negli anni un modo per riconciliarsi con se stesso, quando la vita incomincia a sfuggirgli di mano e tutto sembra andare in una direzione non facile da gestire razionalmente;la musica è la soluzione.

foto di Marco Bechis

foto di Marco Bechis

Con lui cresce la voglia di trasmettere il proprio senso di benessere ad un pubblico, facendo loro dimenticare i problemi di tutti giorni e allo stesso tempo cercare di far riaffiorare i ricordi,belli o brutti che siano, strappandogli una lacrima o un sorriso, perché in fondo in questa vita siamo tutti sulla stessa barca. Condividendo le nostre emozioni, spesso ci sentiamo più forti e vicini; e farlo attraverso delle buone canzoni a volte può valere più di mille parole. Ma non sempre è facile cercare di realizzare questo sogno soprattutto se sono poche le persone che ti sostengono e che riconoscono i tuoi sforzi. Motivo per il quale spesso un piccolo aiuto, un sorriso,un mi piace sui vari social o semplicemente un messaggio può alimentare quella voglia di sognare che ci viene trasmessa da bambini e che a volte viene persa con il tempo. Infine lasciamoci trasportare dalla musica con la cover di Photograph di Ed Sheeran e un inedito “Restart”  con musica e parole di Marco Bechis.

Lyrics

Autumn leaves on the ground, another day of fights my guitar makes no sound are turned off all the lights looking outside the window I’m asking you ‘God,why?’ and you tell me ‘I don’t know’ no strength here to reply

But I’m tired of sitting here waiting as time passes by I don’t wanna spend another night wasted cause I’m not alright take off my clothes and cut my hair, I’m gonna be free now and I just want you to know that I’m going to restart

I said I doesn’t matter anymore I couldn’t be more wrong every street recalls buried thoughts and they still weigh a ton only now I see the walls around are crumbling and old now outside the day is up and calls and I have to go

But I’m tired of sitting here waiting as time passes by I don’t wanna spend another night wasted cause I’m not alright take off my clothes and cut my hair, I’m gonna be free now and I just want you to know that I’m going to restart

And I don’t care if this is just a dream for now just take me and set me free I only need one safe place where I can be who I wanna be

But I’m tired of sitting here waiting as time passes by I don’t wanna spend another night wasted cause I’m not alright take off my clothes and cut my hair, I’m gonna be free now and I just want you to know that I’m going to restart

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#sport: Brasile – Italia: luci e ombre per gli azzurri

#sport

Silvia Viola per la redazione di Post Spritzum

Ultimo weekend della fase intercontinentale di World League: i ragazzi di Mauro Berruto sono chiamati a sfidare il Brasile di Bernardinho, che ritrova la panchina dopo 10 giornate di squalifica inferta dalla FIVB. Luci e ombre a Cuiabà, Brasile, per l’Italvolley. Nella prima gara trova una netta sconfitta per 3-0, ma si risveglia con una buona reazione d’orgoglio nella successiva vincendo per 3-2.

Il pubblico di Cuiabà è tutto verdeoro, dall’inizio alla fine sostiene i suoi beniamini. La prima partita si gioca di giovedì e Berruto schiera Travica e Vettori in diagonale palleggiatore-opposto, Lanza e Zaytsev in banda, Anzani e Birarelli al centro e Colaci libero. Il Brasile parte con la formazione ideale: Bruninho in cabina di regia e Wallace opposto, Murilo e Lucarelli schiacciatori, Lucas e Isac al centro, Sergio libero.

L’impressione è che il match sia sempre stato in mano al Brasile, con gli azzurri che compiono un notevole passo indietro rispetto all’ultima gara con la Serbia. Nel primo set l’Italia prova a lottare con tutte le sue forze, annullando perfino un set ball. Ma il Brasile, aiutato anche dai molti errori azzurri, soprattutto in battuta, porta a casa il bottino, è 25-20.

Nel secondo set Sabbi rileva uno spento Vettori e gli azzurri si portano subito avanti, registrando un +6 sugli avversari. Ma il vantaggio viene sciupato e il Brasile agguanta l’Italia sul 16 pari. Il finale è molto combattuto, ma è Murilo con un muro su Sabbi a chiudere i giochi in favore dei verdeoro sul 26-24.

Il terzo parziale è quasi un monologo brasiliano, con l’Italia che perde l’orientamento del gioco e lascia Bruninho e compagni a suonare la marcia trionfale fino al 25-19 che sigla il 3-0 per il Brasile.

Il giorno dopo è tutta un’altra storia. L’italia ritrova il suo carattere, il suo cuore e la sua grinta e decide fin da subito di rendere le cose difficili al Brasile. Lo starting six azzurro è il solito: Travica in cabina di regia e Vettori opposto, Lanza e Zaytsev schiacciatori, Anzani e Mengozzi al centro e Colaci libero. L’Italia perde Birarelli al centro a causa di un leggero problema di schiena che lo rende inutilizzabile per la partita. Il Brasile invece schiera una formazione rimaneggiata con Bruninho in palleggio, Evandro opposto, Eder e Lucas al centro, Lipe e Murilo in banda e Sergio libero (tuttavia con larghi spazi per il secondo libero Mario jr).

Il primo set è stato combattuto fino all’ultimo, quando sul 23-21 due errori degli azzurri hanno regalato il set ai brasiliani: 25-21.

Nel secondo parziale Sabbi ha sostituito uno spento Vettori e un’Italia mai arrendevole è stata in grado di condurre la partita (anche se con un minimo scarto). Purtroppo sul 24-20 Travica e compagni non sono riusciti a chiudere subito i conti e hanno dovuto faticare fino ai vantaggi, chiudendo i conti sul 29-27.

Il terzo set Lucarelli è partito titolare nelle fila brasiliane. Il gioco è proseguito punto a punto fino alla fase calda del parziale, il finale, dove una battuta sbagliata dall’Italia sul 24-21 ha regalato il set ai verdeoro (25-21).

Il quarto set è iniziato con il giovanissimo Giannelli (ormai libero dagli impegni di maturità) titolare in regia nella squadra italiana. Nel corso del parziale l’Italia ha perso Lanza, infortunato a una caviglia cadendo sul piede di Lucas in un’azione di gioco, ma sostituito da un ottimo Antonov. Gli azzurri conducono il gioco con caparbietà e senza distrazioni e portano a casa il risultato con un bel 25-19. È tie break.

Il quinto set è molto combattuto, per la gioia degli oltre 11mila tifosi presenti al Ginasio Poliesportivo Professor Aecim Tocantins. I ragazzi di Mauro Berruto sono bravi a non mollare mai la presa sul gioco e alla fine trionfano sul 21-19 dopo una serie lunghissima di match ball annullati da una parte e dell’altra.

L’Italia conclude la propria fase intercontinentale con un pareggio: 6 vittorie e 6 sconfitte, ma con una bella prestazione e soddisfazione nell’aver battuto il Brasile in casa propria. Buoni i segnali provenienti da questa ultima partita, che fanno ben sperare per le prossime Final Six di Rio de Janeiro (15-19 luglio), dove l’Italia incontrerà prima la Polonia e poi la Serbia in quanto facente parte della pool A. Girone di ferro per gli azzurri, ma spettacolo assicurato nel confronto con i campioni mondiali in carica prima e i nemici-amici serbi poi.

Il prossimo weekend saranno protagoniste le squadre di fascia B: parteciperanno alla Final Four di Varna (Bulgaria) che mette in palio un pass per Rio de Janeiro. Saranno Argentina, Francia, Belgio e Bulgaria a contendersi l’ambito posto nella pool B della Final Six brasiliana, insieme a Brasile e Stati Uniti.

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